giovedì 27 gennaio 2011

Lezioni

Lezione di tecniche di vendita a una classe di un istituto commerciale. Avevo una seconda, che di solito implica un'età che si aggira intorno ai quindici anni, e invece in quell'istituto la media per le seconde si alza a diciassette. Qualcuno arriva a scuola in macchina (nel senso che la guida). Quando chiedo ai ragazzi la motivazione che li ha spinti a iscriversi a quella scuola, la risposta corale è: "Perché è la più facile". Sarà, ma questi qui fanno lezione fino alle cinque del pomeriggio. Hanno rientri pomeridiani praticamente ogni giorno. Sono sempre stravolti. Mi domando dove stia tutta sta pacchia. Cioè, sono io che me la godevo al liceo classico, dove finivo a mezzogiorno tre giorni la settimana e gli altri all'una. Okay che poi a casa dovevo studiare, ma almeno avevo tutto il pomeriggio.
Comunque. Cerco di impostare la lezione in modo che mi riescano a seguire tutti. Quindi parlo come se mi rivolgessi a mio figlio di quattro anni. E nonostante questo, c'è qualcuno che rimane indietro. Di solito quelli con la macchina, perché probabilmente pensano a quando devono fare la revisione. Una ragazza, nel mezzo della spiegazione, alza risoluta la mano per chiedere la parola. M'illumino d'immenso. Mi sarà capitato due volte in tutta la mia (per fortuna) saltuaria vita da docente di rispondere a domande di studenti particolarmente attenti.
"Prof, posso andare in bagno?"
Ecco. Sono la solita ingenua.
"Speravo avessi qualcosa di più intelligente da chiedermi".
"No - ride - no, no".
Improvvisamente comprendo tante cose. Comprendo tutte le facce che ho visto nella sala insegnanti, quei tic nervosi dei docenti di ruolo, che magari sono vent'anni che insegnano in quella scuola. Comprendo la vicepreside che urla la sua frustrazione agli altri professori. Comprendo il bidello che rincorre gli studenti con la ramazza. E quindi, in definitiva, comprendo anche tutta la situazione italiana.
Proseguo imperterrita con esempi, casi pratici, citazioni da film di serie B, e alla fine, arrivata al capitolo "cliente", chiedo:
"Qualcuno mi sa fare un esempio di stereotipo di un professionista, mettiamo di quarant'anni, maschio?"
Silenzio. Ma non di quei silenzi carichi di tensione, come quando la professoressa d'italiano chiedeva a quale verso della Divina Commedia siamo arrivati. È un silenzio sereno. Indifferente direi.
"Sapete cos'è uno stereotipo vero?"
Un'altra ragazza alza la mano. Stavolta non mi frega. "Vai pure".
"Allora, stereotipo significa..." E inizio a spiegare. Come se questo servisse a qualcosa.
Dopo tipo mezz'ora, tra uscite in bagno, dissertazioni terminologiche e divagazioni sul tema, torniamo alla mia domanda iniziale: lo stereotipo del professionista maschio di quarant'anni.
I ragazzi adesso sono pronti. Reattivi. Hanno messo via i telefonini. Sono presenti e iniziano a rispondere con dovizia di particolari.
"Si veste in giacca e cravatta".
"Guida una Mercedes o una BMW, o un'Audi".
"Va in vacanza ai Caraibi".
Il bullo della situazione dice la sua: "È stronzo".
Una ragazza, con sguardo malizioso risponde: "Ha un sacco di donne. Oppure è sposato e ha l'amante".
Raccolgo la sfida e rilancio: "E se invece si tratta di una professionista donna?"
Unanimi, e quasi stupiti dall'idiozia della mia domanda, mi rispondono tutti: "È uguale!"
E io, improvvisamente, sento di amarli.

10 commenti:

  1. Per la serie "come recuperare tutti i punti in una sola risposta".
    AHAHAHAHAH.... :-D

    Poveri pulcini, spero per loro che tutti arrivino ad averlo questo lavoro "più facile".
    Certo mi fa molta tristezza pensare che queste sono le nuove generazioni. Nemmeno noi avevamo tanta voglia di studiare e di andare a scuola, ma mi piace pensare che qualche sinapsi in più l'avevamo!

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  2. beh ce l'hai fatta comunque ad attirare la loro atenzione e non è poco. non sono un'insegnante ma lavoro anche con le scuole e devo dire che, se posso, gli istituti tecnici li evito e li faccio fare a chi collabora con me. perchè come dici, dopo un po' capisci la frustrazione degli insegnanti e la difficoltà di chi ci lavora ogni gionro. Una mia amica che ci insegnava, di fronte alla proposta di un progetto di teatro ha detto sconsolata: "ma che teatro ... io a questi devo insegnare a non spiaccicare le banane sotto al banco". Non si deve generalizzare, ecc, ecc, ma per la mia esperienza la realtà, anche umana, è molto più difficile e, come dici, ti ritrovi a parlare a dei ragazzi grandi come se fossero dei bambini, ma piccoli, semplificando al massimo, usando parole facili facili, che già stereotipo cosa sarà mai. E' l'assenza di curiosità che mi fa anche tristezza, la mancanza di entusiasmo per qualsiasi cosa, per qualsiasi argomento. Certo, ci sono gli ormoni, non è un'età semplice, ecc. ma se uno, insegnando, avrebbe nel profondo del suo cuore l'ambizione ad accendere idee e interessi, a essere tipo "l'attimo fuggente" ... è proprio dura!

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  3. Sì, pulcini. Non penserai davvero che solo perché hanno 17 anni siano adulti?
    Probabilmente la mamma gli allaccia ancora le scarpe.
    Quindi pulcini. Cuccioli. Piccoli. Tatini.

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  4. la responsabilità delle mamme italiche c'è, s'è detto tante volte. però non puoi, secondo me, farti allacciare le scarpe e, contemporaneamente, guidare la macchina e votare. c'è qualcosa che non va. e, visto che nessuno gioca da solo, io mi rifiuto comunque di trattare come pulcini, cuccioli e tatini persone di una certa età, che però magari se gli parli ti fumano in faccia (mi è successo mentre spiegavo durante una vista con un istituto tecnico). non voglio sentirmi complice di questo modo di essere, perchè mi sembra una scelta di comodo che non porta niente di buono a nessuno.

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  5. In effetti la cosa più difficile per me è relazionarmi con delle persone che guidano una macchina, ma non sanno cos'è uno stereotipo. Ho sempre una sorta di schizofrenia, un senso di disagio. Tranne quando si dimostrano ferrati sulle pari opportunità (anche se non sanno che si chiamano così).

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  6. Uh, certo che se la parità vuol dire che alle donne vengono attribuiti, a torto o a ragione, gli stessi detestabili stereotipi degli uomini, la cosa mi intristisce un po'... Poi, per fortuna, la realtà spesso è diversa, ma che fatica!

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  7. Cri, hai ragione, è che ultimamente tendo ad accontentarmi di poco :)

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  8. Domanda: ma i ragazzi che andavanno al bagno poi tornavano? perchè i miei me li riportava il bidello dopo mezz'ora dicendomi: "fumava in un angolo del corridoio".

    Marta

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