venerdì 23 settembre 2011

La tariffa del Delfino

È molto bello andare in giro per il mondo a scoprire posti nuovi. Che banalità. Ma è così: quella sensazione di stupore per ogni piccola differenza che trovi, quando ti dici "Ah, ma da noi non è così" oppure "Ma guarda questi come vivono" o "Chissà cosa vorrà dire quella scritta", mentre stai entrando in un locale sadomaso. È tutta una scoperta, tutto un allertare i sensi per fare tue quante più cose, quanti più scenari possibili. Ovviamente, se fai un viaggio, che ne so, in Malawi, sai già che troverai un sacco di cose che non sei abituato a vedere, e partirai già pieno di aspettative sull'impatto che la diversità avrà su di te. Perché credo che sia questo il figo di un viaggio: confrontarti con qualcosa di diverso, dalla tua quotidianità, dalla tua cultura, dalle tue abitudini. A dire la verità la globalizzazione ha un po' annacquato il fascino dell'esotico. Anni fa un'amica mi ha portato un pouf dal Marocco e poi magari lo trovi pure nel negozio etnico sotto casa. Allora, tu sai che viene dal Marocco e quando lo guardi ti viene voglia di farti un narghilè, ma in senso assoluto quel pouf sta pure in casa di altri milioni di italiani che sopra ci mangiano la pizza. E poi, facendo la considerazione più tragica, ti viene sempre il dubbio che sotto quel pouf che ha attraversato diversi confini per campeggiare nel tuo salotto, ci sia alla fine scritto "Made in China". Che, voglio dire, va bene pure avere un prodotto cinese in casa, ma non con la mano di Fatima decorata sopra. Comunque non importa. Quello che volevo dire, è che ci sono anche viaggi che tu fai in paesi relativamente vicini e con culture molto simili alla tua. Per esempio in Europa, in Spagna. E allora lì non è che ti meravigli tanto. Cioè, è comunque un bellissimo viaggio, ma non hai lo choc che hai quando vai in India e le scimmie ti attraversano la strada.
Allora, lo scorso fine settimana sono andata a Valencia, appunto. La città era pulita, la metropolitana funzionava e puzzava molto meno di quelle di Milano o di Roma, i bar erano dotati di bagni, pagavi in euro e se volevi comprarti una maglia di Benetton, potevi farlo. Tutto in regola insomma. A parte il caffè. Ma quello è uno schifo ovunque, appena passato il confine italiano. E purtroppo, alla "broda" estera non sarà mai possibile abituarsi.
Eppure, in questa città che poteva tranquillamente essere italiana, per usi e costumi, ho provato un brivido come se fossi in Malawi. Una cosa che assolutamente non mi aspettavo. È iniziata prima con una sensazione, un presentimento. Qualcosa mi faceva strano, ma non capivo cosa. Sono stata più attenta e alla fine ho realizzato: nemmeno un cartellone pubblicitario con una donna nuda, o seminuda, o che ammiccava, o che lavava i pavimenti, o che facesse una cosa da tipica donna italiana, insomma. Del resto, le donne lì sono spagnole.
Ma poi pensate: una delle maggiori compagnie telefoniche, la Orange, pubblicizzava la sua nuova tariffa, la "tarifa Delfin" e come immagine sapete cosa c'era? Un delfino. Okay, adesso non fate troppo i sofisticati criticando la banalità della scelta. Cercate invece di apprezzare l'assenza di un corpo femminile in un annuncio di una compagnia telefonica. Ero così incredula che mi sono messa a fissare il poster cercando indizi scabrosi. Ho pensato: "Sicuro la donna sta sotto al delfino...No, starà sopra...No, sta dentro...No, in realtà il delfino ricorda in qualche modo due tette...No, il testo dirà: 'Non sono un delfino, in realtà sono una donna nuda'..." Ma niente, vi giuro: della donna non c'era traccia! Incredibile. Questi spagnoli riescono a pubblicizzare tariffe telefoniche senza testimonial, senza cosce e senza culi.
Ecco, adesso, se volete fare una vacanza che vi faccia veramente confrontare con la diversità, andate in Spagna. Non rimarrete delusi.

venerdì 16 settembre 2011

Notte Horror

Stavo per andare a dormire dopo aver guardato un film sul canale Horror di sky che raccontava la storia di una sirena ridotta in cattività in una maxi vasca, che mi ricordava tanto la pubblicità di Saratoga il silicone sigillante. Il film in effetti sembrava il riscatto delle donne contro il bieco maschilismo che ci vorrebbe tutte sigillate in maxi vasche: la sirena, essendo in cattività, era appunto incattivita e fino alla fine del film ha sterminato tutti gli altri attori, protagonisti e non. Tranne una donna, con cui era entrata in empatia.
Ma non era questo di cui volevo parlare. Volevo dire che stavo per andare a dormire quando ho letto un articolo interessante sul The Telegraph. Leggete qui.
Praticamente ci dicono, con la consueta semplicità del giornalismo anglosassone, che le donne italiane sono le più infelici in Europa. L'articolo è molto breve, ma riesce comunque a dare il quadro completo della nostra situazione, snocciolando pochi dati qua e là, tipo:
- il 50% delle italiane non vuole sposarsi
- il 66% delle italiane non vuole figli
- il 70% dei maschi italiani non ha mai usato un forno
- il 95% dei maschi italiani non ha mai riempito una lavatrice
Forse ho forzato un po' le correlazioni tra i dati, ma ci sarà un motivo se il Telegraph li ha elencati, no? Le donne italiane sono angosciate dal fatto di avere figli perché non sanno poi come conciliarli con il lavoro. Non hanno supporti né dallo Stato, né dalle aziende, né dai loro partner. Non c'è da stupirsi se il 76% di loro risulta infelice.
L'articolo si conclude con il dato sul Global gender gap report, per il quale l'Italia è al 74esimo posto. Peggio del Kazakistan, è il commento finale.
Adesso su Horror danno Halloween, la notte delle streghe. Mi viene il sospetto che il canale si chiami horror perché le protagoniste sono sempre le donne.

martedì 13 settembre 2011

Poi dici da chi ho preso

È passato un anno dalla nascita di questo blog. Un anno in cui mi sono molto divertita a scrivere e a leggervi, in cui la mia vita è andata avanti, nonostante io sia donna. Ho fatto diverse cose durante quest'anno. Ho cresciuto due figli, per esempio. Ho lavorato. Ho preso treni (sigh), aerei, autostrade. Sono morta e sono risorta. Insomma, un bell'annetto del cazzo. E alla fine di quest'anno di blog, è morta mia nonna, ma ahimè non è risorta. Okay, aveva novantasei anni. Okay, aveva fatto il suo, era addirittura diventata bisnonna. Però era sempre mia nonna. Cioè, ci ho passato insieme trentacinque anni della mia vita. E poi era veramente speciale. Okay, sono di parte, ma no, sul serio era speciale. Era una di quelle persone (ce ne sono?) veramente BUONE. Mia nonna non conosceva l'invidia, la maldicenza, il malumore, la rabbia. Era sempre positiva, piena d'affetto, di voglia di vivere e di sorridere. Ma non solo con me, con tutti. Aveva uno spirito e una forza d'animo che non la faceva mai abbattere. Solo quando è morto mio nonno, dieci anni fa, si è un po' rattristata, ma è andata avanti lo stesso, per vedere i nipoti e i pronipoti. Aveva quel senso di leggerezza che ti permette di affrontare tutte le sfighe della vita con serenità. Ecco, mia nonna era serena. Sempre. Non che abbia avuto tutte queste grosse sfighe, eh. Non ha mai conosciuto la povertà, per esempio, nemmeno quando erano tutti poveri. Non ha mai dovuto lavorare. Però vent'anni fa ha perso completamente la vista. Sì, mia nonna era cieca, ma era come se ci vedesse benissimo. È stata sposata con un uomo, diciamo così, estremamente impegnativo, ma all'epoca non si usava separarsi, e comunque lei non l'avrebbe mai fatto. Perché mia nonna era così, andava avanti leggera e serena comunque. Ma non era stupida, eh. Né superficiale. Era proprio forte. E mi voleva un gran bene, e io a lei. Mio nonno, che con l'età si era leggermente ridimensionato, noto mangiapreti e ateo convinto, le ripeteva che sarebbe stata beatificata. Anzi, santificata. E sono d'accordo con lui. Del resto, per averlo sopportato tutta una vita...
Ma perché vi sto raccontando tutto questo? Perché mi sono domandata che cosa mi abbia spinto a creare un blog del genere, sul genere (e anche un po' degenere). E un po' ho pensato a mia nonna, che era uno spirito libero, e un po' anche a mia madre, che non è morta, eh, ma che l'altra sera mi raccontava di quando lei era giovane e mia nonna (l'altra nonna, uno spirito molto meno libero) la tormentava perché doveva imparare a fare a maglia, a intrecciare cestini per i ciclamini, a ricamare, a rassettare, a essere donna, insomma. E mia madre, ridendo con le lacrime, mi fa: "E pensa, la nonna mi diceva di fare il letto a mio fratello e io dicevo 'ma perché non se lo fa lui, che non fa un cazzo?'" Io, francamente non ci ho trovato niente da ridere. Comunque. Voi non conoscete mia madre, ma se la conosceste apprezzereste di più la portata della sua ribellione giovanile. Cioè, mia madre ha votato Pli tutta la vita. Mia madre il Sessantotto dice che era una cagata pazzesca. Mia madre, quando la vedi, hai l'impressione di essere sul set del Diavolo veste Prada. E tu sei la stagista, ovviamente. Ma mia madre non veste Prada, che è una cagata pazzesca. Però mia madre non voleva intrecciare cestini per i ciclamini e andava malissimo in economia domestica. Sua madre, quando i parenti le domandavano cosa stesse facendo, rispondeva sconsolata: "Eh...sta leggendo". Mia madre ha procurato dei grossi dispiaceri alla sua famiglia laureandosi senza sapere fare a maglia. Poi però li ha procurati anche a me tormentandomi perché mi dovevo rifare il letto. Insomma, lei sto letto non lo sopportava proprio. Comunque sono grata a mia madre per la sua ribellione giovanile, che peraltro ho scoperto solo l'altra sera (deve avermela trasmessa attraverso il cordone ombelicale). Senza di lei questo blog non sarebbe probabilmente mai nato. Senza di lei, e lo spirito di mia nonna.