mercoledì 18 luglio 2012

Penso (ma forse non dovrei)

Penso che se evadi le tasse ma magari lo fai perché sei un po' ignorante o perché hai fermamente creduto nelle idee di Bossi, la giustizia dovrebbe essere più clemente con te.
Penso che se scippi una vecchia a Napoli, non è poi così grave perché si sa che a Napoli si scippano le vecchie.
Penso che se sei andato a scipparla in motorino ed eravate in due senza casco (o magari in tre), i vigili dovrebbero chiudere un occhio, perché in fondo lì si fa così.
Penso che se ti intaschi una tangente e sei un funzionario pubblico, in fondo la pena dovrebbe essere mite, perché il tuo status culturale di funzionario pubblico italiano ti porta inevitabilmente a questo.
Penso che se ammazzi un tifoso allo stadio, il giudice debba darti delle attenuanti, perché si sa che negli stadi la gente si incazza.

Quindi va bene anche questa: "Se il marito violento è ignorante, merita una pena più mite".

giovedì 5 luglio 2012

"Che lavoro fai?" "Il vassoio"

Non so se la cosa che sto per dirvi stempera un po' il tono degli ultimi post, oppure ne amplifica gli effetti. Fatto sta che la mia amica Barbara stamattina mi segnala un'iniziativa culinaria molto interessante. La potete leggere qui: Roma. Successo per il Ristorante Yoshi: pesce crudo su donne vassoio. 
Dice che a Roma è arrivata la nuova moda del body sushi. E cosa sarà mai, ti chiedi tu che ti affanni ogni giorno per scoprire sempre nuove tendenze nell'enogastronomia orientale. Tu che passi le giornate totalmente assorbito dagli happening delle capitali d'Europa. Tu che sei caduto in uno stato di irreversibile depressione quando hai scoperto che uno dei California Dream Men stava con la figlia di Celentano. Allora, seguendo le magiche regole della buona comunicazione ti spiego cos'è il body sushi. Intanto chiamiamolo col suo vero nome: Nyotaimori. E non è una moda, ma una tradizione millenaria giapponese, nata quando ancora l'Europa stava attaccata all'Africa, per cui non possiamo proprio discuterne e forse non siamo nemmeno all'altezza di poterne parlare. All'epoca, in Giappone, si usava coprire il corpo della donna con il pesce, in segno di profondo rispetto per il suo ruolo nella società. Fra l'altro, pare che una donna fosse tanto più potente, quanto più pesante fosse il pesce appoggiato su di lei. Alcune fonti narrano che un'antica imperatrice giapponese assurta a simbolo di divinità, fosse stata ricoperta da un balenosauro spiaggiato a seguito di un maremoto. Il prestigio della donna viene anche decretato dalla qualità del pesce. Ovviamente, chi regge del tonno in scatola, vale meno di chi regge caviale iraniano. La tradizione giapponese, nota in tutto il mondo per essere quella superiore in assoluto, prevede che la donna del Nyotaimori sia distesa e nuda e che il suo corpo venga imbandito con l'offerta del ristorante. Gli avventori si siedono e scelgono le porzioni in base ai gusti e alla loro posizione. Statisticamente non si verifica mai che avanzino dei pezzi sulle zone erogene. Questo sicuramente perché, cito testualmente dall'articolo, "il rapporto col sesso è più diretto e meno complessato che in Occidente". Da questa esperienza non si può uscire che intimamente arricchiti, perché il bisogno primario del nutrimento passa attraverso il bisogno primario della contemplazione della perfezione femminile.
Hai capito? Non ne sei sicuro? Allora te lo spiego a parole mie.
Siccome la crisi coinvolge pesantemente anche il settore della ristorazione, si è pensato di sollevare le vendite con un espediente nuovo e originale: il sesso. Si prende una donna giovane, carina e che non riesce a pagarsi la retta dell'Università, le si danno dei soldi per distendersi con addosso un tanga e dei pezzi pesce crudo e le si chiede di restare immobile. Poi si aspettano i clienti, che siccome sono anni luce dall'esimia tradizione giapponese - ammesso e non concesso che questa tradizione non leda i normali diritti umani a cui tanto faticosamente siamo arrivati oggi -, passeranno la serata a contendersi i rotolini che stanno sui capezzoli e a tentare di far ridere la ragazza per far crollare tutto in un colpo solo.
Nel nostro caso, il bisogno primario del nutrimento, passa attraverso il bisogno primario del sesso e quello secondario di sfruttare il corpo della donna.
Ovviamente adesso mi direte che sono la solita bacchettona. No, dai, non è vero. Sono sinceramente contenta per tutte quelle donne che adesso possono contare su uno sbocco professionale in più. Non ci trovo niente di male a compilare un curriculum europeo inserendo "dal 1 luglio vassoio presso il ristorante Yoshi di Roma". Veramente.

mercoledì 4 luglio 2012

Adesso potete sfogarvi

Rispetto al mio piccolo sfogo di ieri, cade a fagiolo la pubblicazione ufficiale di questa iniziativa:
Si tratta di una raccolta di pensieri, di storie, di biografie di persone che hanno qualcosa da raccontare, anzi no, che si vogliono proprio sfogare. L'idea è venuta alla mia amica Marta, già autrice del libro Milano da bare, che partendo proprio dalla sua esperienza personale, ha sentito la necessità (l'impulso?) di sfogarsi. Ma non solo. Proprio in virtù di quello che si diceva nel post di ieri, ha sentito anche la necessità di condividere lo sfogo con altri, di non restare come al solito una della tante voci nel coro, ma di ESSERE il coro. Perché si sa: l'unione fa la forza.
Più volte ho sottolineato le storture della comunicazione sui social network. Facebook è molto divertente e obiettivamente fa quello che promette: ti permette di restare in contatto con quella parte della tua rete sociale che altrimenti avresti perso di vista. Ma fa anche un'altra cosa: ti illude di essere parte di una grande comunità, perché condividi assieme ad altri centomila la stessa richiesta di eliminare i privilegi della politica. Ma in realtà non esiste nessuna comunità. Ci sono solo centomila individui singoli che postano la stessa cosa. Far parte di una comunità è diverso. Per questo serpeggia una grande insoddisfazione. Abbiamo canali di informazione e una velocità di circolazione di notizie e iniziative che anche solo cinquant'anni fa sarebbe stato impensabile. Ogni giorno leggiamo e inoltriamo messaggi di protesta, di rivolta in certi casi. Ma poi non succede niente e non succede perché siamo superficiali. Ne parliamo soltanto e possibilmente cercando di perdere meno tempo possibile.
Ed ecco qui l'iniziativa di Marta: smettiamo di essere tanti individui ed entriamo a far parte di un gruppo che ha qualcosa da dire. Un gruppo composto da persone che non trovano più sufficiente lanciare una provocazione su facebook, ma che vogliono dedicare del tempo (minimo, per altro) a scrivere una storia, per altre persone che vorranno dedicare del tempo a leggerla.
Insomma, è ora di riappriopiarci dei nostri contenuti. La crisi del nostro sistema inaridito e impoverito di tante cose, va combattuta anche ritornando all'approfondimento, alla documentazione, all'informazione, alla cultura. Impariamo a conoscere le mille realtà che ci circondano, impariamo a essere solidali fra di noi. Donne con donne, uomini con uomini e donne con uomini.
Quindi scrivete, sfogatevi, lasciate il vostro contributo. Sf(ò)gati diventerà un libro, online e offline, anzi, non un libro, una raccolta, magari un'enciclopedia della nostra realtà attuale, un testo di sociologia adottato tra duecento anni per capire il nostro tempo. Ed è gratis. E senza fini di lucro perché eventuali entrate andranno in beneficenza.

martedì 3 luglio 2012

Questa è la crisi, baby

La crisi ha inciso alla fine anche su questo blog, perché ho dovuto disertare le questioni di genere, per occuparmi di altre cose, tra cui, la mia sussistenza. Lo saprete benissimo anche voi: non stiamo vivendo un bel periodo, ma la cosa più grave non è tanto la scarsità di denaro in circolazione, quanto invece la scarsità di cultura, di senso civico, di adesione alla realtà. Siamo al ribasso su tutto, non c'è etica perché costa troppo, non ci sono valori perché fanno perdere tempo, non c'è rispetto per le persone perché non ha un ritorno. Si parla tanto di crisi economica, ma il lato finanziario è solo la minima parte di un sistema abbruttito già di per sé. La cosa che mi ha tenuta più impegnata, ultimamente, è la gestione dei rapporti di lavoro. In Italia le cose vanno male perché è il lavoro, prima ancora della cassa, che va male. Il ricatto è la forma più diffusa di contratto. "Se mi fai pagare adesso, non lavori più con me". "Se non lavori anche il sabato e la domenica, non ti rinnovo il contratto". "Se non accetti queste condizioni, fuori c'è la fila". E in effetti fuori la fila c'è veramente: masse di disperati che pur di avere un minimo di entrata cedono al ricatto, rovinando così il mercato in cui essi stessi poi si troveranno. Una volta, di fronte alle stesse criticità, le persone si riunivano e combattevano insieme per il RIALZO e non per il ribasso. Ma adesso manca la voglia, in certi casi, e l'energia in altri, per combattere veramente, per fare squadra.
Con questa premessa riprendo le fila del discorso lasciato più di un mese fa e vi dimostro come in effetti non sia sempre e solo il denaro il problema:



Ecco. Questo spot fa parte della campagna promossa dall'Unione Europea per attrarre più donne nei settori della ricerca scientifica. Insomma, in poche parole il brief diceva grossomodo così: chi l'ha detto che gli scienziati devono essere per forza maschi? Orsù, donne, la scienza è anche una cosa per voi!
Peccato che poi il messaggio che ne deriva è questo: "Care donne, lo sappiamo che siete un po' stupidine e che pensate solo allo shopping e ad abbinare le borsette alle scarpe. In ogni caso, siccome siamo per le pari opportunità, vi dobbiamo informare che, volendo, potreste diventare anche voi delle scienziate. Come vedete da questo spot, gli scienziati maschi, che stanno lavorando seriamente nei laboratori di tutta Europa, vi aspettano con trepidazione. Soprattutto se sarete carine con loro".
Questo spot è stata talmente una cagata pazzesca, che l'hanno oscurato quasi subito dal sito ufficiale dell'iniziativa. Il problema è che poi è rimasto comunque il sito: http://science-girl-thing.eu/ dove potete ammirare un trionfo di cuoricini, di iconcine colorate, di ragazze che si fanno la foto con l'iPhone. Insomma, da ogni parte un unico grido di dolore: SIETE DEFICIENTI.
Allora, riprendendo il discorso di prima, questa è la percezione della realtà che molti hanno (e purtroppo quelli con potere decisionale). Mentre la realtà è invece questa:


Adesso mi direte che è ovvio e che esagero, ma voi rappresentate purtroppo una minoranza di persone che si fanno domande, che si interrogano su alcune cose e che magari a volte vogliono anche farsi qualche risata. Probabilmente il video della Montalcini sarà invece commentato dai più, come "una palla", "una vecchia rincoglionita che parla a quattro sfigate", "quella che chiede se potrà tornare in Italia è la solita che vuole la pappa pronta e che non vuole sacrificarsi", "e comunque la cinesina non è male".
Ecco, QUESTA è la crisi, secondo me.